Quel cordone ombelicale difficile da tagliare.
Lo ricordo bene. Dopo la nascita del mio primo figlio ho vissuto dei mesi di intensi cambiamenti, sia fisici che emotivi. Il corpo di una neo mamma cambia, e di pari passo anche le emozioni, gli stati d’animo, le priorità, la percezione che si ha di se stesse all’interno del nucleo familiare e del contesto sociale subiscono delle variazioni non indifferenti. Ci si ritrova proiettate in una dimensione nuova in cui si è responsabili di un altro essere vivente, che è costantemente nei nostri pensieri, di cui ci si deve prendere cura, e che dipende unicamente da noi. Un legame ancestrale, un istinto naturale che ci porta a sentire ancora quel cordone ombelicale ben stretto nella nostra pancia, e un piccolo cuore che batte ancora vicino al nostro, soprattutto nei primi mesi di vita. E il ritorno al lavoro dopo la maternità è veramente difficile.
Rientrare al lavoro dopo la maternità.
Che si debba tornare al lavoro pochissimi mesi dopo la nascita del proprio figlio, o appena prima del compimento del suo primo anno di vita, il distacco viene vissuto dalla maggior parte delle mamme come qualcosa di difficile e doloroso. Dopo mesi trascorsi ad accudire il proprio piccolo, spezzare quella routine amorevole che si era creata e che ci ha in qualche modo protette dal mondo esterno, viene percepita quasi come un trauma, e porta con sé un mix di preoccupazioni e sensi di colpa.
Inoltre, secondo un’indagine dell’Ispettorato del Lavoro, nel 2016 sono state 25 mila le mamme che hanno dovuto lasciare il proprio impiego dopo aver riscontrato non poche difficoltà nel conciliare la carriera con la vita familiare. Nel nostro bel paese infatti subiamo la carenza dei servizi di supporto alle famiglie, il costo elevato di asili nido o baby sitter, la difficoltà nell’ottenere un orario part-time, la quasi assenza di un adeguato congedo parentale dei papà. Se quindi già dal punto di vista emotivo tornare al lavoro non ci entusiasma, la situazione normativa generale non ci aiuta.
Ritrovare la nostra identità.
Quando diventiamo madri creiamo nel nostro spazio mentale una nuova identità, che ci vede protagoniste di un rapporto esclusivo con nostro figlio. Lo sforzo più grande e più difficile è quello di cercare di cambiare il concetto di identità presente nella maternità, e ritrovare l’ unicità, l’ individualità, la percezione di noi stesse nella nostra totalità. Il tassello di madre che si è aggiunto nel puzzle della nostra esperienza non elimina quello già presente di donna, moglie, professionista. Lo arricchisce di colori e sfumature, ne smussa gli angoli, ne amplifica il valore, senza prevaricare.
Ci sentiamo madri prima di tutto, e facciamo fatica a lasciare nostro figlio, una parte di noi, al di fuori dalla nostra sfera di controllo. Ci sentiamo in colpa se lo dobbiamo “abbandonare” ai nonni, al nido, alla baby sitter, mentre noi trascorriamo la nostra giornata al lavoro. Viviamo questo momento come una rinuncia al ruolo materno, una privazione che ci reca sofferenza e che ci induce a rivalutare le nostre priorità e le nostre esigenze.
Ritrovare la nostra identità è un passaggio fondamentale per capire innanzitutto che non è la quantità di tempo che passiamo con i nostri figli a fare la differenza, ma la qualità. Per essere consapevoli che anche tornando al lavoro possiamo continuare a prenderci cura dei nostri bambini cercando la soluzione più adatta alle nostre esigenze. Per trovare o ritrovare un equilibro che ci faccia sentire madri serene, ma anche donne soddisfatte e appagate del proprio lavoro e delle proprie relazioni.