Avete sicuramente sentito parlare nei giorni scorsi della vicenda della studentessa veneta, il cui percorso scolastico, costellato da una serie di invidiabili successi e terminato prima del previsto, ha suscitato non poco scalpore. C’è chi ha preso le sue difese, sostenendo che a prescindere dalla sua situazione economica di privilegio e dalle innumerevoli risorse a cui può attingere, il suo impegno e dedizione allo studio debba essere pubblicamente lodato. C’è chi invece ha dubitato dell’effettivo merito della ragazza, sostenendo che invece debbano essere ammirati tutti quegli studenti che, nonostante le mille difficoltà economiche e le più che lecite distrazioni di gioventù, finiscano gli studi nei tempi prestabiliti, se non a posteriori.
Lasciamo i figli liberi di sbagliare
Non vogliamo entrare nel merito della vicenda o esprimere un giudizio personale su ciò che risulta poco chiaro nel percorso scolastico di questa ragazza. Vogliamo però portarvi a una riflessione, perché da genitori abbiamo il diritto, e il dovere, di accettare le imperfezioni dei nostri figli, di lasciarli liberi di sbagliare, di commettere quegli errori che poi saranno utili alla loro crescita personale e professionale. Molto spesso noi genitori pretendiamo che i nostri figli siano i migliori, i più bravi a scuola, nello sport, nell’apprendimento di qualche strumento musicale, complice una società che ci vuole sempre al top. Perché se non eccelli non sarai mai nessuno e non ti distinguerai dalla massa. Ma se siamo troppo intransigenti e puntigliosi, cosa rischiano i nostri figli? Di diventare da grandi persone insicure e con poca autostima, adulti che con difficoltà accetteranno la possibilità di sbagliare o di arrivare secondi.
Ciò che manca è l’intelligenza emotiva
Spesso noi genitori esigiamo dai nostri figli la perfezione per una forma di riscatto personale e professionale. I nostri figli diventano lo specchio attraverso cui noi genitori possiamo vedere il riflesso di ciò che avremmo voluto essere, ma che per svariati motivi ci è stato negato. Ciò che manca a un genitore perfezionista è la mancanza di empatia, ovvero la capacità di mettersi “nei panni dell’altro”. Cosa può pensare un bambino quando le uniche parole del genitore, suo modello di riferimento, sono : “puoi fare meglio”, “questo voto non basta, devi impegnarti di più”? Il bambino si sentirà frustato, inadeguato, con il timore costante di deludere gli altri. Questo si traduce in una estenuante ricerca di perfezione, insicurezza, incapacità di soddisfare pienamente le richieste e le aspettative degli altri.
Impariamo dunque a riconoscere il bambino dentro di noi, gestendo la rabbia e la frustrazione per i sogni che non siamo riusciti a realizzare, distinguendolo dal nostro figlio reale che aspetta solo di essere aiutato a crescere nel rispetto della sua unicità, con i suoi difetti, le sue mancanze e le sue difficoltà. Siamo genitori gentili, consapevoli che il processo di crescita include momenti di incoraggiamento, dove occorre spronare i nostri figli a impegnarsi nello studio e nella vita, ma anche momenti di leggerezza, di svago, di sana noia.
Un modello sbagliato
Esaltando un modello di perfezione esasperata e totalizzante, così come quello che è stato veicolato dalle più disparate testate giornalistiche, ci facciamo portavoce di un messaggio diseducativo per i nostri figli: dormire equivale a perdere del tempo prezioso, avere relazioni affettive è controproducente e motivo di distrazione, prendere un voto mediocre a scuola è concepito come un fallimento. Siamo sicuri che questo sia un esempio positivo per i giovani di oggi?