È la donna a farsi carico di tutto.
Vi è mai capitato, dopo un’estenuante giornata di lavoro, di tornare a casa e ritrovarvi immancabilmente a dover riordinare, pensare a cosa cucinare e conseguentemente preparare qualcosa di commestibile per cena, fare lavatrici, piegare i panni stesi e riporli nell’armadio? Il tutto mentre i bambini, tornati dall’asilo o da scuola, vi chiedono attenzioni, coccole o un aiuto per fare i compiti?
E poi arriva il vostro partner, che con aria sofferente e stanca, si sdraia sul divano impugnando il telefono o il telecomando, e reclamando di volersi “rilassare un attimo”. Questa potrebbe sembrare una situazione paradossale, ma non è così lontana da ciò che realmente accade all’interno delle mura domestiche di molte famiglie italiane.
Secondo l’Istat la gestione della casa e della vita familiare è ancora purtroppo legata alla figura della donna, considerata culturalmente la “manager della casa”, mentre l’uomo si limita alla semplice esecuzione di azioni di supporto, e non si sente in dovere di partecipare attivamente al lavoro domestico e alla gestione quotidiana dei figli. Così le donne rinunciano alla carriera, a nuovi incarichi, a viaggi di lavoro, alle amicizie o al tempo libero, alla propria crescita personale e professionale, con gravi conseguenze per la loro salute fisica ed emotiva.
E poi arriva il cosiddetto burnout, un sovraccarico di lavoro che ci riduce in uno stato di esaurimento emotivo, fisico e mentale. Veniamo fagocitate dal nostro lavoro, dalle faccende domestiche, dalle preoccupazioni quotidiane, senza trovare spazio per noi stesse, noncuranti dell’importanza del riposo e dello svago.
Smettiamola di voler essere donne tuttofare e impariamo a delegare.
Nei paesi dell’Europa del Nord l’economia domestica è materia di studio e di formazione nelle scuole per i bambini dai 13 ai 15 anni, che imparano a cucinare, lavare, stirare, senza alcuna differenza di genere. In Italia invece, vige ancora una mentalità stereotipata e arcaica, secondo cui l’uomo non è culturalmente portato per le faccende domestiche, per l’accudimento dei figli, ma rappresenta una semplice figura di supporto passivo.
Cosa possiamo fare per cambiare questa mentalità?
Abituiamo i nostri figli a vivere in un ambiente familiare in cui entrambi i genitori sono coinvolti attivamente nella gestione della casa e in cui tutti, nessuno escluso, partecipa all’adempimento dei piccoli compiti e delle faccende domestiche. Un domani i nostri figli potranno essere così individui indipendenti, autonomi, flessibili e privi di pregiudizi. Abituiamoli ad apparecchiare la tavola, a caricare la lavastoviglie, a riordinare la propria camera, a coinvolgerli nelle attività domestiche dando loro l’esempio di come si collabora in modo equo nella coppia.