Mi capita spesso di leggere racconti e testimonianze di mamme stanche, esasperate, confuse e smarrite. Donne che vivono le gioie della maternità in modo totalizzante, annullando se stesse per i propri figli: da un lato non vorrebbero mai staccarsi da loro, rifiutando qualsiasi possibilità di aiuto esterno, e accollandosi tutta la responsabilità e il peso della crescita quotidiana dei propri piccoli. Dall’altro sentono il profondo desiderio di ritagliarsi degli spazi per se stesse, realizzando i propri interessi e le proprie passioni, cercando di contrastare tutto ciò che ci porta all’annullamento di noi stesse. E allora perché poi ci sentiamo in colpa? Perché ciò che la società ci ha insegnato è che per una mamma la famiglia viene prima di tutto il resto. Ma è davvero così?
Quando l’identità di “mamma” assorbe completamente quella di “donna” .
Leggo continuamente storie di mamme che hanno annullato completamente la loro identità di donna, compagna o moglie. I figli occupano il primo posto assoluto nella classifica delle priorità, e non vi è spazio per coltivare un interesse, uno svago, una passione. Non rimane tempo per la cura di se stesse, e coltivare il rapporto con il proprio partner diventa qualcosa di superfluo. Per non parlare della paura del giudizio altrui: siamo mamme e abbiamo il dovere di dedicare anima e corpo ai nostri figli. A causa del senso di colpa arriviamo a negare i nostri bisogni e a non comunicarli alle persone che abbiamo accanto.
Sono poi le stesse mamme che vorrebbero tornare a piacersi ma che sono troppo stanche per andare in palestra; quelle che non riescono a trovare chi possa aiutarle nelle faccende domestiche e nella gestione dei figli ma che in realtà non vogliono delegare per un senso di immotivata sfiducia; sono le donne che vorrebbero trascorrere un po’ di tempo con il proprio partner, ma per gli stessi motivi citati in precedenza, sembra che le congiunzioni astrali siano sempre sfavorevoli e che i buoni propositi siano ogni volta sopraffatti da imprevisti la cui risoluzione è di primaria importanza.
Sono quelle donne che pensano che tu sia davvero fortunata ad avere i nonni a disposizione, o una baby sitter di fiducia, o un asilo nido che possa permetterti di lavorare. Sei fortunata ad avere un marito che ti “aiuta” nelle faccende domestiche, che ti “tiene” i bambini mentre ti concedi un’ora di palestra o a un aperitivo con le amiche. Sei coraggiosa ad esserti lanciata in un’attività imprenditoriale o ad aver chiesto di lavorare part-time e a non aver rinunciato al tuo posto di lavoro, anche se il tuo stipendio paga giusto la retta del nido.
Brave mamme, cattive mamme o semplicemente mamme felici?
Con la tipica frase: “Ma come faccio?”, vanifichiamo tutta la nostra buona volontà. Siamo noi le prime a trovare continue scuse e giustificazioni: è più facile sentirsi vittime e crogiolarsi nella propria zona di comfort piuttosto che agire fuori dai nostri schemi prestabiliti; è più semplice gridare al mondo che siamo delle “brave mamme” perché sacrifichiamo la nostra vita per dedicarci totalmente ai figli, alla casa, al marito (forse), piuttosto che definirci “mamme felici” perché ci prendiamo cura in primis di noi stesse.
Non facciamoci soggiogare dagli stereotipi culturali per cui una mamma deve annullarsi per i propri figli per essere una brava madre. Le bravi madri non sono necessariamente quelle che gridano al mondo la propria fatica e la completa dedizione per la propria famiglia. Le cattive madri non sono quelle che decidono di farsi aiutare da una tata o che si concedono una cena da sole con il proprio partner. Una brava madre è innanzitutto una mamma felice, una donna che deve pensare a realizzare sé stessa per il proprio benessere e quello dei propri figli.