Ce lo siamo detti tutti: dopo i due anni di stravolgimenti causati dalla pandemia, ora che cominciavamo a vedere la luce in fondo al tunnel, siamo stati improvvisamente catapultati nella triste realtà della guerra. Una parola che ci fa paura, e che ci sembra così lontana dal nostro modo di vivere, dalla nostra quotidianità, dal messaggio di amicizia e solidarietà che noi genitori cerchiamo ogni giorno di trasmettere ai nostri figli.
E proprio quando sono i bambini a chiederci: “Perché si fa la guerra?“, noi adulti siamo chiamati a rispondere con chiarezza e semplicità, spiegando loro che sì, anche nei loro giochi di tutti i giorni c’è a volte una componente di potere, conflitto, aggressività, ma che litigare non ha lo stesso significato che porta con sé la guerra. La guerra è violenza, è distruzione totale, è sopraffazione del più forte contro il più debole e spesso anche il più inerme, e non ha alcuna caratteristica in comune con i conflitti tra i bambini.
Anzi, i litigi tra i bambini, da sempre considerati naturali e fisiologici, sono un’importante occasione di crescita che permette loro di risolvere i conflitti in autonomia, di comprendere che esistono altri punti di vista e che non bisogna averla sempre vinta. E’ proprio imparando a gestire i litigi che si riduce la violenza, che si impara a dosare la propria aggressività, ed acquisire gli strumenti necessari per imparare a fare pace.
Fiducia nelle nuove generazioni
I bambini di oggi saranno gli adulti di domani. Ascoltare le loro domande, i loro dubbi, le loro paure, è un buon punto di partenza per orientare il dialogo su ciò che loro vogliono realmente sapere. Non dobbiamo essere ascoltatori passivi di ciò che trasmettono i telegiornali, o spettatori inermi delle numerosi immagini di violenza che vediamo sul web, succubi del senso di paura e di impotenza che la guerra vuole farci provare.
Raccontiamo ai nostri figli che quello che sta accadendo non è così lontano da noi e dalla nostra realtà geografica, senza dimenticarci di trasmettere loro senso di protezione, rassicurandoli che tutto si risolverà e che stiamo facendo tutto ciò che è in nostro potere per salvare le persone che stanno fuggendo dalle loro case.
Il nostro compito è spiegare loro che la guerra è frutto di una nostra decisione, così come fare la pace e costruire una cultura di pace è un’opzione che siamo chiamati a scegliere anche nelle nostre piccole azioni quotidiane, attraverso il rispetto verso il prossimo e con un forte sentimento di solidarietà verso le vittime della guerra.
Genitori e insegnanti hanno insomma il compito di diffondere il messaggio che la guerra non conosce vincitore, solo sconfitti.