Eccoci arrivati al tanto adorato periodo Natalizio, una fase dell’anno in cui noi genitori cerchiamo fino all’ultimo secondo i regali più adatti ai nostri bambini, nipoti, figli di amici, e che siano istruttivi, divertenti, che rispecchino le loro preferenze e inclinazioni. Se diamo un’occhiata a qualche sito web, o sfogliamo quei volantini pubblicitari dei più famosi negozi di giocattoli, capita ancora spesso di imbattersi nella differenza tra giochi da femmine e giochi maschi. Avete notato anche voi?
Il blu è per i maschi, il rosa è per le femmine
I giochi da maschietti sono catalogati con il colore blu, e sono per lo più mezzi di trasporto, piste di macchinine, mostri o personaggi dei cartoni animati con armi, spade fucili. I giochi dedicati alle femminucce assumono una predominanza rosa, con bambole, oggetti per la cura della casa e della persona, trucchi, vestiti sfarzosi e da principesse, unicorni, glitter. Addirittura c’è la possibilità di selezionare, attraverso appositi e alquanto agghiaccianti menu a tendina, i “giochi da maschio” e “i giochi da femmina”.
Non so voi, ma io da piccola giocavo con i soldatini, quelli piccolini, che se per caso ci andavi sopra con i piedi ti facevi male. Mi piaceva giocare con le piste delle macchinine telecomandate, insieme ai miei fratelli maschi, ma avevo anche la cucina della Barbie, con cui giocavo insieme a loro. Ci piaceva preparare insieme succulente pietanze invisibili e che poi consumavamo con finta voracità su un pavimento apparecchiato a festa.
Lo stesso concetto vale per il colore dei vestiti: perché deridere un bambino se vuole indossare una maglietta rosa? Perché una bambina deve essere catalogata come “maschiaccio” se preferisce i pantaloni alle gonne? Davvero vogliamo che i nostri figli crescano in un mondo in cui gli stereotipi di genere classificano l’essere maschio o femmina, e di conseguenza il proprio ruolo all’interno della società? Perché una bambina deve giocare con le bambole e vestirsi di rosa, mentre se un bambino desidera una bambola come regalo deve essere subito ammonito con la frase: no è un gioco da femmina!
La Spagna dice basta agli spot discriminatori
La Spagna ha mosso passi da gigante su questa problematica, dicendo basta alle pubblicità dei giocattoli che indicano esplicitamente o implicitamente abbinamenti tra un giocattolo e un determinato sesso, puntando così a combattere le discriminazioni e gli stereotipi di genere sin dall’infanzia. A volere fortemente il provvedimento il ministro spagnolo delle Imprese, Alberto Garzón, che punta a una regolamentazione “non sessista”, affinché ” i bambini, soprattutto quelli nella fascia 0-7 anni, crescano riproducendo ruoli imposti dalla società”.
Le pubblicità dei nuovi prodotti dovranno quindi evitare di associare le bambine a tutte le attività collegate alla cura della casa, al lavoro domestico, alla cura della propria immagine, e i ragazzi all’azione, all’attività fisica, alla tecnologia. Un nuovo codice etico di autoregolamentazione, volto a dissuadere i produttori di giocattoli dall’usare stereotipi di genere e promuovere invece un’immagine egualitaria e inclusiva tra i bambini.
Il rosa non è nato “donna”, lo è diventato
Ma poi, lo sapete che il rosa non è nato donna, lo è diventato nel corso dei secoli? Oggi il rosa viene descritto come un colore delicato, femminile. Nell’ Ottocento il rosa, essendo più vicino al rosso, era espressione di forza, virilità e doti militari, mentre il blu era associato al velo con cui veniva raffigurata tradizionalmente la Madonna e per questo era ritenuto più appropriato alle donne. E poi cosa è successo? Agli inizi del Novecento gli uomini iniziano ad indossare colori più scuri e legati al mondo degli affari, distinguendosi così dalle tonalità chiare percepite più femminili e associate alla sfera domestica.
Quando è la società a imporre la percezione della realtà, a stabilire quali sono le regole ideologiche da seguire e definire in modo totalizzante le norme riguardo al genere, risulta poi difficile modificare la presa di coscienza del mondo che ci circonda. Ed è per questo che noi genitori dobbiamo provare a invertire la rotta, per scardinare tutte quelle stupide generalizzazioni che come in un passato non poi così lontano ci hanno inculcato l’idea che è giusto, è normale delineare nette differenze tra uomini e donne, limitando così la libertà di espressione di ogni individuo e facendoci, inevitabilmente, ripiombare nel triste stereotipo: la donna cura la casa, l’uomo esce a lavorare.
E voi, siete pronti a questo cambiamento?