Avete mai sentito parlare di identità di genere? L’identità di genere è definita nelle scienze sociali come la concezione che l’individuo ha di sé, ovvero la percezione che ciascuno ha del proprio essere in quanto maschio o femmina, e che differisce dal sesso (l’anatomia di una persona) e il suo orientamento sessuale. Pensate che già all’età di diciotto mesi i bambini acquisiscono la capacità di classificare sé stessi e gli altri come maschi o femmine, mentre durante il secondo anno di vita i bambini prendono consapevolezza del fatto che le persone si dividono in maschi e femmine.
Si tratta solo di differenza biologica?
Lo sappiamo bene: i maschi e le femmine nascono con differenze biologiche più o meno evidenti tra di loro: i primi, subito dopo la nascita, sono più irritabili e meno reattivi alla voce dei genitori; le seconde si mostrano più interessate a interagire con la madre e sono più pronte a soddisfare le sue richieste. Molti studi inoltre hanno dimostrato la funzione strategica degli ormoni nell’influenzare la sfera cognitiva e comportamentale dei bambini, la loro coordinazione motoria, l’umore, la percezione del dolore.

Classico esempio è quello del linguaggio: è risaputo infatti che le femmine hanno superiorità di parola rispetto ai maschi, mentre questi ultimi tendono a primeggiare sulle abilità spaziali e di coordinamento. In realtà questi dati sono stati ampiamente smentiti da studi recenti: ad esempio, per quanto riguarda le abilità spaziali, molto influisce il tipo di esperienza fatta attraverso i giochi. Insomma, tutto può dipendere dal modello educativo.
Che ruolo hanno i genitori nell’influenzare l’identità di genere?
Sorge quindi spontanea una domanda: lo sviluppo dell’identità di genere viene influenzato dal modo in cui gli adulti si approcciano ai maschi e alle femmine, e in generale, dalla cultura, dagli stereotipi, dal tipo di società in cui viviamo?

Sempre da studi recenti si è potuto evidenziare che gli adulti tendono ad essere più predisposti a confortare e ad aiutare le femmine, mentre nei confronti dei maschi si ha una maggiore aspettativa di autonomia. E per quanto riguarda i giocattoli? Per le bambine vengono proposte bambole, cucine, vestitini, trucchi, mentre per i bambini vengono convenzionalmente offerti macchinine, soldatini, palloni, costruzioni. Per non parlare dell’ambito delle emozioni: i genitori tendono maggiormente ad affrontare le tematiche dei sentimenti con le figlie femmine piuttosto che con i maschi, rendendole così maggiormente in grado di gestire le proprie emozioni.
…e la scuola?
E la scuola? Anche la scuola ha un peso importante nella definizione dell’identità di genere dei nostri figli. Pensate a quanto può influire la convinzione di genitori e insegnanti sul fatto che la matematica e le scienze siano più difficili e meno interessanti per le femmine: non ci dobbiamo stupire se poi notiamo che nella nostra società il numero di individui maschi che intraprendono una carriera nelle scienze siano maggiori rispetto alle femmine.

Insomma, non cadiamo nella fin troppo superficiale convinzione che sia solo questione di genetica. Sono spesso i pregiudizi degli adulti e gli stereotipi della società ad aumentare l’ingiusta disparità tra maschi e femmine.