La colpa di avere un utero.
Hanno fatto scalpore le parole di Elisabetta Franchi, famosa imprenditrice e fondatrice dell’omonima casa di moda, durante un evento organizzato da ‘Il Foglio’ e ‘Pwc’ riguardante la presenza di figure femminili nelle posizioni di dirigenza di un’azienda. Parole intrise di discriminazione, sessismo, luoghi comuni e accompagnate dalla forte presunzione di una donna, madre di due figli, che si trova ai vertici di una casa di moda di successo.
La Sig.ra Franchi, invece di dimostrare come si può (e si deve) essere inclusivi nei confronti delle mamme lavoratrici, ha espresso tutto il contrario dicendo di escludere dai ruoli dirigenziali le donne sotto i 40 anni per privilegiare solo quelle che hanno già avuto figli, che si sono già sposate o che hanno divorziato, libere e senza sensi di colpa, che si dedicano anima e corpo al lavoro e all’azienda h24.
Come se la soglia dei 40 anni fosse lo spartiacque anagrafico di chi ha diritto di avere una carriera lavorativa soddisfacente e chi invece no. Perché chi ancora non è arrivato agli “anta”, non può conciliare casa e lavoro, perché noi donne abbiamo il dovere di procreare, siamo noi le responsabili del fuoco domestico, siamo noi a dover gestire le faccende che riguardano la casa e la famiglia. Perché gli uomini, “sono dei bambinoni, non vogliono crescere, anche se qualcosina in più lo possono fare, possono aiutare”. E’ imbarazzante sentire queste parole anche perché a pronunciarle è stata proprio una donna, una madre, che ha deciso di realizzare il suo sogno con caparbietà senza arrendersi di fronte alle difficoltà della vita, mossa dalla passione e dallo spirito di rivalsa. Una che ce l’ha fatta, dunque, che è riuscita ad essere madre, imprenditrice e a costruire un impero di successo non senza difficoltà e sacrifici e che ha saputo conciliare la vita privata e quella lavorativa.
Perché allora promuovere e sostenere un modello di vita diametralmente opposto, in cui le donne vengono escluse dai ruoli più importanti di un’azienda solo per il fatto di essere in età fertile?
Non è forse questa una prova tangibile di becera e illogica discriminazione? Ognuno di noi, a prescindere dal nostro genere, età, cultura, avrà sempre una vita sociale e privata che esula da quella lavorativa, siamo essere umani a 360°, con le nostre esigenze e i nostri problemi quotidiani. Perché non promuovere invece un esempio di società inclusiva in cui le donne, di tutte le età e le estrazioni sociali, al pari degli uomini, hanno gli stessi diritti e doveri e le stesse possibilità di raggiungere le posizioni desiderate? Davvero la donna, una volta diventata madre, deve “assentarsi per due anni dalla posizione lavorativa e lasciare l’azienda in difficoltà” o può trovare, con la collaborazione dell’altro genitore e dell’azienda stessa, un valido compromesso per raggiungere un equilibrio vincente?
Troppo facile dare la colpa allo stato.
Durante il suo intervento Elisabetta Franchi ha voluto rimarcare l’assenza dello Stato, che mette le donne nella posizione scomoda di dover scegliere tra carriera e famiglia. Certamente vi sono ampi spazi di miglioramento in Italia in termini di sussidi, infrastrutture e incentivi per chi decide di metter su famiglia. Ma se la mentalità dilagante è quella che vede la donna come unica responsabile del focolaio domestico, scaricare tutta la responsabilità sullo Stato suona come una giustificazione facilmente attaccabile. Se siamo ancora ferme al marito che aiuta la donna, alla neo mamma che deve assentarsi per ben due anni dal lavoro dopo aver messo al mondo un figlio, al fatto che per avere successo bisogna lavorare h24 e non avere altra distrazione che il lavoro, lo Stato non è di certo l’unico colpevole.
Se non riusciamo ad essere solidali e comprensive nemmeno tra noi donne, se non proviamo ad essere più empatiche e attente alle esigenze di ciascuna persona, come possiamo aspirare ad una società più inclusiva? Ed è proprio questa la differenza tra boss e leader: l’intelligenza emotiva, ovvero la capacità di di creare relazioni con gli altri esseri umani, di comprendere i loro bisogni, le loro esigenze, e sviluppare i loro talenti. E’ questo il vero successo di un leader, a prescindere dal suo fatturato. Ed è per questo che noi donne dobbiamo studiare, essere informate, lottare per i nostri sogni, per smantellare definitivamente la gabbia dello stereotipo e per aiutare le altre donne, come la signora Franchi, ad uscirne.