Domani partirò per una trasferta di lavoro che mi porterà lontana dai miei figli per cinque lunghi giorni. Li lascio alle cure amorevoli dei nonni paterni e della zia, in una bellissima località di mare, dopo aver elargito loro una serie infinita di raccomandazioni e suggerimenti. I miei figli mi mancheranno tantissimo, e io mancherò a loro, ma sono serena e consapevole che questo momentaneo allontanamento gioverà alla parte di me che non è solo mamma, ma è anche donna e professionista. Servirà anche ai miei figli, che impareranno ad essere sempre più autonomi e flessibili, e che avranno come modello una mamma che è sì il loro punto di riferimento, ma è anche una donna felice di realizzare i suoi progetti di vita e che contribuisce al raggiungimento della parità di genere.
Perché sono sempre le mamme a dover rinunciare al lavoro?
Secondo il nuovo rapporto “Le Equilibriste” di Save the Children, solo il 57,4% delle mamme tra i 25 e i 54 anni ha un impiego, contro l’87,4% dei papà. La situazione più allarmante la troviamo in Basilicata, Campania e Calabria, dove un’alta percentuale di mamme si occupa a tempo pieno della cura della famiglia, dei genitori e della casa. Nel 2020 abbiamo assistito inoltre alla dimissione volontaria del 77,4% delle donne, impossibilitate a conciliare vita privata e vita lavorativa. Una scelta dunque imposta dallo Stato, dalle carenze di un supporto concreto, dai servizi per l’infanzia troppo cari, dalla mancanza di figure alternative, come i nonni, che possano dare aiuto alle famiglie, oppure una decisione influenzata dalla cultura e dagli stereotipi di genere?
Perché i papà non si trovano nella stessa situazione della controparte femminile, e si tengono ben stretto il proprio posto di lavoro, facendo carriera, trasferte, assumendo posizioni dirigenziali o aspirando a una vita lavorativa soddisfacente? Eppure i figli sono di entrambi i genitori, hanno il diritto della cura e dell’assistenza di entrambi. E’ vero, durante i primi tempi il bebè ha bisogno maggiormente delle cure della mamma, il congedo parentale per i papà è di soli 10 giorni, e gli asili nido in Italia sono molto costosi. I nonni non sempre sono a disposizione, i nidi a volte davvero risultano troppo onerosi per il bilancio familiare, ma perché sono sempre le donne a dover sacrificare la propria vita lavorativa?
Il lavoro fa bene a se stesse e all’equilibrio familiare.
C’ è chi dice che quello della mamma è il lavoro più difficile al mondo. Che una donna che si occupa a tempo pieno della propria famiglia avrebbe il diritto di uno stipendio da parte dello Stato. Che educare i figli è un impegno faticoso, soprattutto quando grava totalmente sulle spalle della madre. Ma siete sicuri che quello della mamma è un lavoro? Sicuramente! Come è anche un lavoro quello del papà, in modo equiparato. E quando una mamma decide consapevolmente di non trovare un posto di lavoro all’interno della società, gli squilibri tra i genitori inevitabilmente si accentuano. Questa non è parità di genere.
Investire nell’istruzione, trovare un’occupazione gratificante, coltivare i propri interessi, dedicare del tempo a se stesse e alla coppia, allontanare il senso di colpa e il giudizio sociale: sono questi i passi avanti per raggiungere la parità di genere. Al di là dei limiti imposti dallo Stato, il primo limite ce lo poniamo noi stesse: lo facciamo quando ci sentiamo in colpa se usciamo a cena con nostro marito e lasciamo i figli ai nonni; quando mandiamo i figli al nido per poterci realizzare professionalmente; se la casa è in disordine e non riusciamo a cucinare un piatto salutare per i nostri figli; quando abbiamo voglia di staccare per un attimo e desideriamo trascorrere un week end romantico da sole con il nostro partner. Siamo cattive madri? No. Siamo donne che amano follemente i propri figli e che amano follemente anche sé stesse.