Tanti slogan, poche azioni.
Ieri si è celebrata la Giornata Mondiale dell’Ambiente che, come ogni 5 giugno a partire dal 1972, ci ricorda con una certa urgenza che non esiste un Pianeta B. Questa è l’unica Terra che abbiamo, è nostro dovere preservare la qualità degli oceani, l’equilibrio degli ecosistemi, la disponibilità delle risorse e la bellezza della natura che ci circonda.
Ma allora perché, innanzi ai molteplici slogan, le numerose iniziative e le illimitate alternative per poter condurre uno stile di vita a basso impatto ambientale, ci ostiniamo a voler agire secondo ciò che ci detta l’abitudine, a voler scegliere secondo il mero piacere personale e a farci ammaliare dalle opzioni più economiche e di scarsa qualità?
Le risposte possono essere molteplici e di varia natura. Ho cercato di riassumerle in quattro punti a mio avviso esaustivi, che fanno luce sulle motivazioni per cui preferiamo la via più semplice e immediata anche di fonte ad una problematica così urgente e impellente come quella dell’impatto climatico sul nostro Pianeta.
Se non vogliamo farlo per noi stessi, facciamolo almeno per le generazioni future.
I quattro “Mi piace” che non ci fanno essere sostenibili.
Ci piace la carne.
Siamo un popolo di carnivori, figli di una cultura alimentare che fa delle pietanze a base di proteine animali un elemento imprescindibile e naturale. Lo sapete che per produrre un chilo di carne bovina servono 15.400 litri di acqua, mentre per ottenere un chilo di legumi se ne utilizzano solo 4.000? Ma a noi questo non interessa, perché quando ci troviamo davanti una bistecca di carne, ci concentriamo solo alla felicità delle nostre papille gustative. Per produrre un chilo di carne di manzo si generano 27 chili di CO2, mentre per produrre un chilo di lenticchie non si arriva nemmeno a un chilo di gas serra. Ma anche questo non interessa, e difficilmente cogliamo il suggerimento a consumare meno carne.
Ci piace spendere poco.
I prodotti ecosostenibili sono spesso meno economici rispetto a quelli tradizionali. Questo è dovuto al fatto che ci sono maggiori costi di ricerca sia per la scelta di materie prime sia nei processi di lavorazione. I prodotti ecofriendly sono quasi sempre certificati, testati su pelli sensibili, con un packaging ecologico. Ma a noi la qualità non interessa, a noi basta spendere poco, non importa se a discapito del nostro benessere.
Ci piace pensare a breve termine.
E’ innegabile: preferiamo avere la gratificazione immediata nell’acquisto di un prodotto che per noi costa poco pensando di aver fatto un affare. Scegliamo consapevolmente di adottare un comportamento poco green ma di certo più comodo. Non abbiamo la capacità di attendere per vedere i risultati delle nostre decisioni. In questo modo siamo frenati dall’investire in scelte consapevoli e limitiamo il nostro sguardo nell’immediato, nell’istantaneo, incapaci di proiettare lo sguardo verso il futuro.
Ci piace sguazzare nell’abitudine e fare poco sforzo.
L’abitudine è comoda, subdola, ci fa sentire al sicuro. Rinunciare a comportamenti che per noi sono familiari e uscire dalla nostra zona di comfort è tanto difficile quanto cercare di provare cose nuove. Facciamo sempre le stesse scelte perché “abbiamo sempre fatto così” e ci siamo sempre trovati bene, senza farci venire il minimo dubbio che forse, facendo scelte sostenibili, potremmo trovarci anche meglio.
Ci piace comprare ciò che non ci serve davvero.
Siamo figli di una società consumistica che ci insegna che più acquistiamo più ci sentiamo appagati e felici. Accumuliamo cose che non ci servono, spendiamo grandi quantità di denaro in superfluo. Poi però affermiamo con convinzione che comprare sostenibile è troppo oneroso.
Se decidiamo di scegliere l’alternativa ecosostenibile, compatibilmente con i nostri reali bisogni e i nostri desideri, ne gioveremo noi, i nostri figli e le nuove generazioni. Siamo liberi di scegliere se davvero il futuro del nostro Pianeta ci sta a cuore, o se sono più importanti tutti quegli slogan accattivanti che non troveranno mai una concreta realizzazione nel nostro quotidiano.