Il bullo è come un toro
ll 7 febbraio si celebra la giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo, un evento dedicato a sensibilizzare bambini, ragazzi, genitori, educatori e insegnanti su una tematica tanto seria quanto delicata che non conosce età, genere o ceto sociale. Tutti noi, chi più chi meno, si è ritrovato a dover affrontare il bullo di turno, che con la compiacenza degli altri suoi compari, schernisce, offende, deride il compagno più debole, quello diverso, con una certa costanza e perseveranza. Il bullo attua comportamenti aggressivi di intimidazione, sopraffazione, oppressione fisica o psicologica nei confronti del soggetto debole in modo intenzionale e ripetuto nel tempo, al fine di isolarlo e recargli un disagio psicologico, o addirittura fisico.
La parola bullismo deriva dall’inglese Bull, toro. Il bullo è proprio come un toro, che con le sue corna e il suo fare minaccioso vuole attaccare la propria vittima, esercitando il suo potere e colpendola nei suoi punti più deboli, come può essere un difetto fisico, un diverso orientamento sessuale, un carattere più introverso o un diverso colore della pelle. Queste vere e proprie forme di discriminazione e di emarginazione sociale di solito non vengono fermate da chi assiste alle azioni del bullo, che non solo osserva senza intervenire in difesa della vittima ma più spesso ride, incita o addirittura filma ciò che accade.
Tre storie di bullismo: infanzia, adolescenza, età adulta
La bambina senza strumenti adatti a difendersi
“Per una bambina come me abituata a rispettare le regole e ad essere tranquilla ed educata, frequentare una classe di bambini maleducati e prepotenti nella classe di catechismo dell’oratorio del paese mi metteva a disagio. Me ne stavo zitta, in un angolo, e speravo che il bullo di turno non si accorgesse di me e mi lasciasse in pace. In quel periodo portavo anche l’apparecchio ai denti, e tutte le volte che la maestra mi faceva leggere un episodio del libro di catechismo, sprofondavo nella vergogna. Il bullo di turno diceva ad alta voce che quando leggevo io lui non capiva niente, dopodiché tutti gli altri alunni scoppiavano a ridere. Non capivo perché si comportassero in quel modo e non avevo gli strumenti adatti per potermi difendere”.
L’adolescente presa di mira
“Al liceo facevo fatica a integrarmi nel nuovo gruppo, molte mie compagne di classe si conoscevano già dai tempi delle medie o delle elementari, e c’era il solito bulletto che mi aveva preso di mira. Io che già mi sentivo timida, inadeguata, con l’ acne in viso, ero facile bersaglio di quel compagno di classe che sembrava godere delle mie insicurezze e ne amplificava il significato, facendosi beffe di me e trovando ampi consensi da parte degli altri coetanei, da cui era spalleggiato. Di mattina arrivavo a scuola presto, mi chiudevo in bagno, e piangevo. Nel periodo delicato come quello dell’adolescenza, mi sentivo in colpa, e pensavo di non essere degna di poter essere accettata dagli altri”.
L’adulto e il collega di lavoro
“In età adulta e in ambito lavorativo ho avuto l’occasione di conoscere un vero e proprio bullo, io che pensavo che i bulli esistessero solo a scuola. Era una persona che con disprezzo e prepotenza non gradiva il mio modo di lavorare e me lo faceva notare, assegnandomi dei nomignoli poco piacevoli e trovando sempre l’occasione di schernirmi davanti agli altri colleghi. Dopo aver pazientemente ignorato i suoi continui attacchi, un bel giorno l’ho aggredito verbalmente davanti a tutti, e da quel momento non si è più permesso di schernirmi”.
Si sa, quello del genitore è uno dei ruoli più difficili al mondo. Una delle sfide più grandi consiste proprio nel guardare i propri figli con uno sguardo oggettivo, sia quando ci si trova di fronte a un figlio bullo, sia quando lo si debba togliere dalla posizione di vittima. Occorre mantenere sempre aperto il dialogo, cercando di capire le motivazioni che spingono il proprio figlio a comportamenti discriminatori, e non sottovalutare il disagio e l’umiliazione che può provare invece chi si ritrova vittima.
Il bullo adulto si rende protagonista di episodi di omofobia, mom shaming, body shaming, cat calling, e tutti quei neologismi creati per indicare una sola cosa: l’arroganza e l’ignoranza non hanno limiti, ed è proprio per questo che il rispetto verso il prossimo va instillato subito, fin dalla tenera età.